Negli ultimi mesi sono accadute cose più strane del previsto. Una serie di fughe di notizie hanno anticipato operazioni militari discutibili compiute in Siria dagli USA e dai paesi Alleati come il bombardamento di postazioni dell’esercito siriano a favore dell’ISIS (GR-1) e di posizioni dell’SDF che sono andate a favore dei “decapitatori moderati” (BBC-1) del Nour al-Din al-Zenki appartenti al Free Syrian Army (RT-1). L’elenco chiaramente non si esaurisce qui, basta googgolare un poco per avere una lista più esaustiva.

Al momento del bombardamento di Hassajik (18 ottobre) che ha causato 6 morti era già da tempo in mano all’SDF (almeno dal 26 settembre) che non aveva ricevuto alcuna notifica dalle forze aeree del Belgio, né tantomeno alcuna richiesta di coordinazione. Sorgente: edmaps.com
E’ interessante notare che la fuga di notizie abbia coinvolto diverse agenzie, ad esempio CIA e e Pentagono, rendendo altamente improbabile che le fughe di notizie fossero accidentali. Più verosimilmente, le fughe sono servite per preparare l’opinione pubblica. Ed è questo che ha messo in allarme il Ministero degli Esteri russo (GR-1) tanto da ipotizzare lo scenario di un attacco a sorpresa. Chiaramente l’attacco avrebbe coinvolto la base aerea russa di Khmeimim in Siria per tentare di recuperare il controllo dello spazio aereo Siriano.
Forse dopo l’elezione di Donald Trump a 45° presidente degli Stati Uniti, le possibilità di utilizzare l’opzione militare calerà drasticamente, ma questa non è in conclitto col capire se dovendo scegliere l’opzione militare, questa avrebbe successo e quale ne sarebbe il costo.
A un’analisi anche superficiale risulta comunque chiaro che sarebbe stato altamente improbabile che tale azione “preventiva” potesse essere risolutiva per riottenere il controllo dello spazio aereo siriano perché la flotta Russa nel mediterraneo sarebbe stata comunque in grado di assicurare un livello assoluto di impenetrabilità e sicurezza. Tuttavia, è possibile che più di qualcuno nelle alte sfere della politica o del Pentagono non creda che la Federazione Russa sia effettivamente in grado di chiudere lo spazio aereo o che questa sia riluttante o esitante ad usare la forza (MOA-1).
Supponiamo che per una serie di ragioni sociali e politiche, l’unica opzione accettabile per gli USA in caso di attacco “preventivo” in Siria fosse ottenibile solo senza subire perdite (in vite umane). In tale contesto, non vale la pena considerare azioni che non contemplino l’utilizzo di caccia “invisibili” (almeno nella prima fase) perché non potrebbe avere successo. La Federazione Russa possiede un numero ridondante di radar a corto, medio, lungo (e lunghissimo raggio) che, singolarmente presi possono solo rilevare minacce specifiche, ma usati in modo coordinato forniscono una precisione enorme e una altissima risoluzione. La distanza coperta da istallazioni in Siria arrivano fino all’Irak, ben 400 km almeno all’interno della Turchia e coprono ancora tutto il Mediterraneo orientale fin oltre Malta. A sud invece, coprono in pratica Libano, Giordania e Israele fino all’Egitto. Questo rende non solo impraticabile ma soprattutto impossibile utilizzare velivoli convenzionali per un’azione a sorpresa.
Per cui c’è solo un ristretto numero di opizioni:
- Sulla carta, gli F-35 dovrebbero presentare profili di “bassa osservabilità” migliorati rispetto alle prestazioni dell’F-22 e sistemi di contromisure elettroniche più moderne. Almeno nominalmente gli F-35 dovrebbero fornire invisibilità ai sistemi di rilevazione radar e offrire la possibilità di lanciare missili aria-terra ad alto potenziale e precisione con possibilità di jamming avanzato delle comunicazioni. Di contro, esistono forti dubbi sull’operatività dell’aereo stesso in uno scenario di guerra reale e si comincia a mormorare da più di qualche anno che la sua invisibilità ai radar ad alte frequenze sia un mito (da addebbitare per lo più al ridotto spessore del composito). L’F-22 è l’unico velivolo “invisibile” d’attacco tuttora operativo a possedere una bassa osservabilità ed un sufficiente livello tecnologico di contromisure elettroniche che lo abilitano (almeno ancora in teoria) a portare a termine una missione di violazione “silente” dello spazio aereo nemico per lanciare da una distanza opportuna l’attacco alle infrastrutture di difesa antiaerea del nemico. Tuttavia non è nota la distanza a cui, ad esempio l’F-22 rimane invisibile e, soprattutto, se può arrivare a distanza efficace per inibire, ad esempio, le contromisure della difesa russa. Tuttavia, i sistemi S-300 ed S-400 una volta in operazione costituiscono un forte deterrente per ognuna delle forze d’attacco attualmente in servizio (WP-1). Non ultimo, durante lo sgancio/lancio e subito dopo, i velivoli tornerebbero visibili ai radar per circa 5-10 secondi che è abbastanza per lanciare le contromisure e tentare di abbatterli. C’è, quindi, anche un’alta probabilità che i velivoli vengano infine colpiti, qualunque sia l’esito della missione.
- Recentemente l’USAF (U.S. Air Force) ha utilizzano missili da crociera a bassa osservabilità rilasciati da bombardieri B-52 (TD-1) ma che correntemente possono essere operati anche da velivoli non-pilotati (UAVs), essi stessi a bassa osservabilità, che possono viaggiare in stormi e venire diversificati opportunamente con equipaggiamento sia da contromisure, sia da guerra elettronica.
- Se la flotta si trova poi a distanza operativa, esiste poi l’opzione di lanci dal mare purché una flotta nemica non sia troppo vicina e in grado di abbattere i missili lanciati.
- Esiste poi la reale possibilità da parte della Federazione Russa che i radar dei suoi sistemi oramai interconnessi siano in grado di rilevare ogni tipo di velivolo, di tracciarlo e, probabilisticamente, abbatterlo.
La “convergenza della tecnologia” non è una coincidenza
Allo stato attuale non si può essere completamente sicuri se i Russi abbiano tecnologicamente risolto il problema. Tuttavia alcuni aspetti ci danno dei suggerimenti.
Brevemente, i sistemi radar in uso alle forze aeree si dividono in attivi e passivi. Quelli passivi rilevano onde radio “ambientali” emesse o deviate dagli aviogetti. Quelle attive rilevano per lo più un segnale opportunamente “sagomato” emesso dal radar stesso che, incontrando il velivolo, viene riflesso indietro o deviato in altre direzioni. L’entità del segnale riemesso dal velivolo è grosso modo proporzionale alla superficie dello stesso e al materiale che lo ricopre. Nella scelta della frequenza del segnale radar, si tende ad adottare frequenze via via sempre più alte per aumentare la risoluzione della traccia del velivolo, ovvero si cerca di diminuire le dimensioni dei quadrati della “griglia” le tracce vengono ricostruite e mappate. La dimensione minima dei quadrati della griglia è proporzionale alla lunghezza d’onda del segnale rilevato che a sua volta è inversamente proporzionale alla frequenza adottata (λ=1/f). Tuttavia, più alte frequenze procurano griglie più fini ma si comportano male in atmosfera che degrada il segnale mentre vi si propaga.
Allo stato attuale della tecnologia, quelli che comunemente vengono indicati come velivoli invisibili sono in realtà velivoli a bassa osservabilità (o “low observability”) solo per tipologie specifiche di radar, ovvero quelli che lavorano alle frequenze più alte alle bande C, X, Ka e Ku (vedi estratto in figura o al link originale) e che offrono una risoluzione centimetrica della posizione dei velivoli tracciati. Per sistemi radar operanti a tali frequenze sembrerebbe che le tracce lasciate dagli F-22, F-35 e B-2 sono in pratica nulle se si muovono lungo la linea di vista (la cosiddetta line-of-sight) del radar esponendo, quindi, solo la loro sezione frontale. Il tipo di materiale unitamente allo spessore adottato per il velivolo assorbono sostanzialmente i segnali radio incidenti sulle superfici del velivolo che, in parte lo deflettono comunque in direzioni in diverse direzioni e solo in minima parte nella direzione del radar nemico.

Comparazione classificazione frequenze.
Vi sono diverse tipologie di missili impiegati dall’S-300v4 “Grumble” (la versione attuale) che lo dotano di una efficienza e potenza di tiro a corto e medio raggio in grado di rilevare qualche centinaio di velivoli, di tracciarne contemporaneamente circa un centinaio e di selezionare nell’ultima fase i 6 obiettivi da ingaggiare e abbattere. Ovvero, può ancora scegliere gli obiettivi migliori in una strategia in cui si debbano lanciare più missili contro un numero inizialmente imprecisato di obiettivi. Ognuna delle centrali radar può come minimo identificare anche 300 obiettivi, tracciarne almeno 100 ad una distanza che come minimo sembra essere intorno ai 300 km. La performance dell’S-300 sembra addirittura superiore ma qui cerchiamo di essere cauti. Una volta agganciato l’obiettivo, il missile ha una probabilità di colpire un velivolo al 90% e un altro missile al 70% (caratteristiche rilasciate).
I sistemi antimissile russi si basano su una configurazione a strati sovrapposti di diversi stistemi d’arma con caratteristiche di risposta diverse. La risposta di questi sistemi è proporzionale al tipologia dell’attaccante. Motivo per cui, S-400, S-300 Pantsir-S1 e Buk-M3, insieme rappresentano il più sofisticato e diversificato dei sistemi integrati per costituire aree ad accesso negato (quelle che la NATO denomina anti-access/area-denial, o A2/AD). A questi possono essere affiancati sistemi che hanno caratteristiche miste, e già elencati in un articolo percedente. Per gli strateghi del Pentagono, almeno ufficialmente, l’F-22 dovrebbe essere in grado di violare tali aree e neutralizzando i sistemi anti-missili più evoluti permetterebbero poi ai velivoli convenzionali come Boeing F/A-18E/F Super Hornet or Lockheed Martin F-16 Fighting Falcon di completare l’opera (NI-1).
E’ innegabile che la Russia ha avuto almeno 20 anni per carpire i segreti della rilevazione di velivoli a bassa osservabilità ed è possibile che sia realmente riusciata a risolvere l’arcano. Gli attuali sistemi di difesa russi si basano sull’integrazione dei dati provenienti da multiple tipologie di sensori e radar per rilevare eventuali velivoli. Quindi, con l’integrazione di rilevazioni da radar operanti in multi-frequenza bassa (VHF, UHF, L ed S), è possibile rilevare eventuali velivoli e poi, con quelli ad alta frequenza tracciare le variazioni. Come si sottolinea in alcuni lavori, le alte frequenze forniscono più precisione nella rilevazione (come le bande C, X, e Ku) ma, senza integrazione dei dati, sicuramente falliscono con gli aerei a bassa osservabilità.
La rilevazione a bassa frequenza si basa su un effetto rilevato sperimentalmente. Quando la frequenza utilizzata da un ipotetico radar è nettamente più bassa di quella alla quale si vuole rendere il materiale composito “invisibile”, compare (o almeno così è stato spiegato) una sorta di effetto di risonanza che tipicamente appare per gli aerei in cui lo spessore di una delle superfici impattanti sia equivalente a qualcosa meno di 8 volte la lunghezza d’onda corrispondente alla frequenza del radar. Alternativamente, ai velivoli deve essere fornito uno spessore di materiale composito più cospicuo.
Attualmente il sistema radar dell’S-300 si basa sull’antenna 9s32 che è una antenna ad alta potenza ed apertura, coerente, che lavora in configurazione di multipli moduli di antenna in fase nella banda X. Ricostruisce la posizione di un oggetto osservato con risoluzione centimetrica e sfruttando poi effetti peculiari dei radar con antenne in fase migliora enormemente il rapporto segnale rumore e la capacità di rilevare multiple tipologie di aerei e profili utilizzando contemporaneamente diversi pattern di segnali radio. La cosa interessante e significativa è invece che l’S-400 usa un radar panoramico che arriva fino ad un range di 600 km (con protezione contro il jamming) che lavora solo in banda S. Si ricordi che il sistema missilistico S-400 era montato già quasi in solitaria dal 2015 nella base di Latakia, segno che il Ministero della Difesa Russo riteneva di potersi difendere agilmente anche solo con questo sistema. Tuttavia, sicuramente, il suo sistema radar era integrato con altri comunque presenti in loco per rilevare minacce più tradizionali. Infatti, il al largo della Siria già da tempo erano presenti diverse unità della Marina Russa con in dotazione l’equivalente navale dell’S-300 che a distanze inferiori ai 200 km poteva operare unitamente all’S-400 on-shore (per la rete dati e analisi). Adottando in solitaria un radar in banda S, la configurazione di fabbrica del sistema S-400 tradisce quindi la sicurezza dei Russi nel gestire le minacce “a bassa osservabilità”. A questo punto, il comunicato del Ministero della Difesa russo ci dice qualcosa di più quando afferma che “ha sconsigliato la coalizione a guida USA di portare a compimento bombardamenti sulle posizioni dell’esercito siriano, aggiungendo che numerosi sistemi di difesa S-300 e S-400 sono tuttora montati e operativi”. E suonano <<cristallite>> (alla Jack Nicholson in Codice D’onore) le parole del portavoce del ministero stesso, il generale Igor Konashenkov, quando dice che sul territorio ci sono ufficiali russi di liaison e che quindi “ogni missile o attacco aereo sul territorio controllato dal governo siriano rappresenteranno una chiara minaccia per gli ufficiali Russi” e che quindi per proteggere questi ufficiali “quasi sicuramente gli equipaggi dei sistemi di difesa aerea non avranno tempo di determinare istantaneamente l’esatto percorso di volo di missili e la proprietà delle testate. E allora, tutte le illusioni dei dilettanti riguardo l’esistenza di aerei ‘invisibili’ dovranno confrontarsi con una realtà deludente” (RT-1).
Di fatto, la Siria è oramai no-fly zone per la NATO. L’S-400 non sembrerebbe avere vulnerabilità a medio-lungo raggio perché, a quelle distanze, dovrebbe essere in grado di agganciare e abbattere velivoli virtualmente invisibili. Tuttavia presenta vulnerabilità a corto raggio (e forse e bassa quota data la frequenza utilizzata) che comunque sicuramente vengono compensate dai sistemi S-300 e Pantsir-1S che lo schermano in pratica da tutto quello che vola o può essere lanciato anche in prossimità delle basi. Il vantaggio di poter disporre di un sistema di difesa missilistico terra-aria stratificato offre il fianco tuttavia a ben definite limitazioni. Ad esempio, esiste la possibilità che tali sistemi soffrano di “colli di bottiglia”, come per esempio, la velocità di calcolo e la precisione di categorizzazione delle minacce che avviene organizzando un sensor fusion funzione delle risorse computazionali e dei dati da elaborare selezionando algoritmi primari e secondari da girare in un determinato lasso di tempo. Questo compete direttamente con la capacità di catalogazione delle minacce di cui sono in grado i sistemi di difesa stratificati (collaborativi) che se sbilanciata potrebbe portare a terminare una serie di contromisure (ad esempio per l’S-300 missili ti Tipo 2) lasciando il sistema “scoperto” abbastanza per far entrare una mosca che non sarebbe possibile colpire con il tradizionale cannone.
Entità delle probabili forze d’attacco e difesa
Gli Stati Uniti possiedono sicuramente una forza notevole nel quadrante ma nulla di paragonabile alle risorse richieste per un attacco frontale a un qualunque presidio della Federazione Russa in Siria o nel Mediterraneo Orientale. Possono venire rilocati solo una manciata di F-22 e missili a bassa osservabilità per l’eventuale prima fase dell’attacco. Poi la parola tornerebbe agli aerei e missili da crociera convenzionali che possiamo stimare entrambi in meno di 300-350 velivoli/missili (con dei caveat il numero salirebbe di un fattore 3 ma sarebbe una ipotesi da Terza Guerra mondiale che ci sentiamo di escludere al momento). Ipotizziamo anche la partecipazione degli alleati e di Israele a 1/4 delle sue forze aeree (la sua eccellenza in pratica).
Il sistema S-300 fu inizialmente fornito all’ex-Unione Sovietica circa 30 anni fa ma non bisogna fare l’errore di pensare che sia qualcosa di sorpassato. Qualche mese fa, la IAF (Israelian Air Force) ha svolto esercitazioni congiunte in Grecia dove un sistema S-300 sovietico d’esportazione (quindi depotenziato) è stato utilizzato per l’addestramento dei piloti e dei loro comandanti (JP-1). Gli ufficiali della IAF sanno benissimo che il sistema non è certo paragonabile a quello odierno in cui i singoli sottosistemi sono stati potenziati se non addirittura completamente riprogettati. I sottosistemi sono infatti modulari e integrati in una architettura altamente adattabile.
In genere, il sistema di interdizione aerea S-300 può impiegare 6 veicoli di lancio (e fino a 8 se il sistema di comando e controllo è il 30K6E) ma non necessariamente ognuno deve essere equipaggiato con radar separati di tipo 9S15M2, 9S15MT2E and 9S15MV2E perché possono fare rete con le risorse disponibili anche a una singola postazione. Ogni veicolo dotato di 4 tubi lanciamissili tipo I può venire connesso direttamente a un secondo veicolo di lancio con 2 missili tipo II (quindi 6 missili per battaglioni o divisione).
Quante batterie S-300 siano operative sul territorio Siriano o in grado di intervenire in difesa delle istallazioni Russo-Siriane nel caso di un attacco? Alcune immagini satellitari mostrano foto di un numero di batterie imprecisato scaricate da Tarsus di 16 veicoli. Assumento che l’informazione sia vera, anche se non sembra verosimile, è possibile gestire contemporaneamente fino a 36 (o 48) missili in un sistema cablato più altri 2 veicoli di lancio con 2x(2+4)=12 (o 16) missili se dispiegati all’interno dei 30-40 km o fino a 100 km (dipendentemente dal sistema anti-jamming impiegato e tipicamente almeno dalle versioni VM4). In tutto si hanno 48 (o 64) missili sotto lo stesso comando con una serie di sensori e radar che lavorano contemporaneamente e coordinatamente in una stringa lunga dai 30 ai possibili 100 km e che, teoricamente, non ha limiti di gestione e analisi dati.
A questi vanno aggiunti i missili in dotazione alle versioni navali che dovrebbero fornire altri 48 missili per unità navale, se non addirittura raddoppiare come nel casos dell’incrociatore da guerra della classe Kirov che comunque forniscono altri sistemi avanzati di difesa come il sistema S-350E.
L’utilizzo della tecnologia missile-antimissile per la difesa nel medio-lungo periodo rappresenterebbe un errore. Missili da crociera a bassa osservabilità sono molto a basso costo. In genere si possono costruire facilmente missili con un rapporto fronte retro di -30 dB con circa 500 km di portata operativa per un costo da 30’000-100’000 USD. Questo tipo di unità a basso costo permetterà di organizzare attacchi coordinate in ondate successive con differenti tipologie di equipaggiamento che attualmente richiede un costo per abbatterle addirittura superiore perché la tecnologia necessaria per l’abbattimento si basa correntemente su sistemi anti-missili con caratteristiche superiori al missile lanciato e capacità di ingaggiare selettivamente differenti tipi di tipologie. Tuttavia la tecnologia laser è già dietro l’angolo e la mossa è già contemplata (K-1).
Brutte notizie per chi attacca
Possiamo concludere quindi che, se i sistemi riescono a rilevare velivoli a bassa osservabilità e virtualmente invisibili ad una distanza che varia tra i 100-300 km, come sembra essere, la base di Khmeimim (o Hmeimim) non può essere sopraffatta dai numeri anche se tutte le aviazioni alleate e locali l’attaccassero contemporaneamente con velivoli e missilistica.
In Siria, quindi, l’assalto non pagherebbe come in passato. Gli USA si troverebbero a combattere un il nemico letale, che non fa colpi di testa a nessun livello, superiormente addestrato e ben organizzato, motivatissimo nel medio-lungo periodo e, non ultimo, equipaggiato con tecnologie più avanzate in quasi tutti i comparti. Dove conta, i Russi potrebbero schierare truppe una generazione avanti in terra con i mezzi blindati (2 se si considera la generazione basata sul carro multiruolo Armata), una generazione in acqua con i sottomarini e navi di diverse classi (qui la storia diventa complessa da raccontare) e 1.5 generazioni avanti in aria con la missilistica. Tutto questo senza contare l’efficienza della guerra elettronica. Nel lungo periodo, invece, la Russia può contare sulla ricerca in pratica a costo zero perché in mano allo stato. Esiste poi la possibilità non remota che la Russia possa decidere di far allora decollare i suoi SU-30SM “Flanker H” e SU-35S “Super-Flanker E” che sono sostanzialmente superiori a qualsiasi aeromobile della NATO, forse ad eccezione dei soli F-22 ma che se utili in caso di sorpresa (NI-2), sarebbero abbattuti in sciami nel dog-fighting.
Con queste premesse, un attacco su una base russa servirebbe solo a rimediare una sconfitta di proporzioni leggendarie della quale si narrerà per migliaia di anni (speriamo non soltanto nelle caverne del caucaso). E forse è questa la ragione per cui il Pentagono nicchia (o “micchia” a detta di altri) e gli Alleati sono silenziosi con la sola eccezione di Israele che ha fatto addirittura “la pace” inviando Netanyhau a Mosca (CP-1) obbediente al principio “Se hai 3 nemici, fai la pace col primo, la tregua col secondo per poter vincere il terzo”. Tuttavia applicando “Fai la tua mossa quando non se l’aspetta” (Sun Tsu), i Russi rivaleggiano con Maestri di millenni addietro (e non sfigurano né per risultati, né per statura morale).
Sfortunatamente gli Stati Uniti (almeno fino alla gestione Obama) sembrano adottare un “Sarai completamente in pace col tuo nemico quando morirete entrambi” (Khalil Gibran) ma forse al Pentagono non sono poi così incompetenti come ultimamente si è arrivati a pensare.